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Wednesday, July 27, 2011

Jean Michel Basquiat

 « Non ascolto ciò che dicono i critici d'arte. Non conosco nessuno che ha bisogno di un critico per capire cos'è l'arte »

 









Jean Michel Basquiat, detto Samo, (Brooklyn, 22 dicembre 1960 – New York, 12 agosto 1988), è stato uno dei dei più grandi - e controversi - artisti di quella "stagione di New York" degli anni Ottanta che ha avuto in Andy Warhol uno dei suoi maggiori e conosciuti esponenti. Artista "di colore" (le sue origini sono sono afroispaniche) ha vissuto una vita breve, intensa e rischiosa. E' morto di overdose nel 1988 a soli 28 anni.

“Da quando avevo diciassette anni, ero certo di diventare celebre. Avevo delle idee romantiche sulla maniera di diventare celebre. Sognavo i miei eroi, Charlie Parker, Jimi Hendrix…”. Eroi entrati a far parte del mito grazie alla loro arte. Ma anche grazie alla patina di disperazione di un’esistenza segnata dalla droga, dalle discriminazioni razziali, da un successo esplosivo e inaspettato, tributato da platee di bianchi. Le stesse platee da cui provenivano le contraddizioni di una società iniqua. Il destino di Jean Michel Basquiat sarebbe stato lo stesso degli eroi che sognava. E che avrebbe ricordato nelle sue opere: Malcom X, Billie Holiday, l’irrequieta frenesia dei protagonisti del be-bop. Stroncato da un’overdose a 28 anni, passato dai graffiti notturni sui muri di Brooklyn e sulle lamiere della subway, alle gallerie d’arte di Manhattan. Le sue opere sono la metà nera della Pop Art americana. Se le ripetizioni di Andy Warhol sono una raffinata fotografia della società consumistica e dell’impermeabilità della nostra sensibilità a quella, i segni e i disegni di Basquiat sono le urla di chi ha vissuto sulla propria pelle l’indifferenza, la discriminazione, l’emarginazione di quella stessa vita a New York. Proprio negli anni in cui tali contraddizioni diventavano sclerotiche e si acuivano: gli anni Ottanta.  



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